di Francesco Greco.
LECCE – Tutta la forza, la possente energia, la sensualità, la luce che svela uomini, cose, stati d’animo, passioni, mood di un universo, il Sud, che l’unità d’Italia, 1861, formattò. Ma non per sempre.
Tanto che, per transfert, ritroviamo questo patrimonio di valori e di umori, sentimenti, emozioni, ansie, rivendicazioni identitarie d’appartenenza in “Due Sicilie”, il primo cd dei “Calignano”, gruppo storico, cult della musica italiana, quella indie, alternative, uscito in questi giorni (in foto la cover) dopo una lunga gestazione.
I “Calignano” nascono negli anni Settanta, quelli del rock più puro e destabilizzante (da Frank Zappa ai Led Zeppelin, dai Genesis ai Grand Funk Railroad): “Sono gli antesignani del rock: quando cominciarono loro in Italia c’era il deserto, solo Sanremo e Castrocaro…”, osserva il critico musicale Roberto Russo. Cambiano nome più volte: Corpo, Colon, Trachion Oros per sottolineare i passaggi di una ricerca colta, profonda, che poggia i suoi canoni estetici su una rimodulazione del reale, una visione del mondo, una rilettura delle correnti musicali, letterarie, filosofiche (fra cui anche la psicoanalisi). Oltre a Francesco (che è anche un pittore), costanti del gruppo sono i fratelli Biagio e Mario.
In questa dimensione di “profeti” del XX secolo si affermano in Europa con una serie di concerti con cui si fanno conoscere, oltre che in Italia, anche in Svizzera e Germania, mentre la “mente” del gruppo, Francesco Calignano, gira l’Inghilterra con una musicassetta con i brani più belli. Allo stesso tempo la loro ”cantina” a Montesardo diviene un punto di riferimento e una scuola per i musicisti di più generazioni che imparano la batteria, il basso, il pianoforte.
“Due Sicilie” è il primo lavoro organico: sinora si erano espressi con demo e incisioni su musicassette, oltre che nei concerti seguitissimi da un pubblico sempre più ampio, che trovava nella loro musica le risposte alle proprie inquietudini, smarrimenti, disillusioni. Sette brani che esprimono gioia e solarità, riappropriazione di una storia negata e rimossa, persino insudiciata dalle menzogne dei “vincitori” (le potenze europee). Che oggi non si può più negare, non per coltivare nostalgie senza senso, ma per proiettarsi nel XXI secolo coscienti di avere avuto una patria, il Sud-Nazione, con le sue contraddizioni ma anche la sua nobiltà. Cancellata dall’unità d’Italia, relativizzata e mal metabolizzata in questi 150 anni.
Tanto che in “Due Sicilie” (titolo che non è una provocazione intellettuale ma un ammonimento a chiedersi chi siamo se vogliamo ipotizzare chi saremo) c’è un refrain in più lingue: I m calling for information (Vorrei delle informazioni), Je voudrais des reinsegnements, Pouvez vous me donner des reinsegnements? Queria una informaciones, ? Puede darme unas informaciones. Sottinteso: Chiedete e chiedetevi com’è finito il regno delle Due Sicilie. I “Calignano” chiariscono meglio gli intenti demistificanti proponendo la voce di Carlo III di Borbone: “Io Re Carlo Terzo di Borbone alla nostra città di Lecce le espressioni di fedeltà e amore che mi avete manifestato hanno meritato nel nostro real animo tutta la stima e apprezzamento che ho voluto direttamente manifestarvi”. “E’ il primo disco che si rifà espressamente a tematiche risorgimentali – dicono i musicisti pugliesi – riferito, dopo 150 anni, all’unità d’Italia: “We are coming back to the two sicilies”. Lecce è vista come la città al centro del mondo”. Ma c’è anche un brano, “Berlin”, dove la città tedesca è vista come la “capitale” dell’Europa dove si decisero le sorti del Novecento.
Dal punto di vista della filologia del discorso musicale, “Due Sicilie” si regge anche su un uso sapiente dell’elettronica (“principale grammatica espressiva: Jean Michel Jarre è il musicista di riferimento”, aggiunge Russo) che sedimenta la contaminazione di generi: rap, funky, musica classica (incluse citazioni da Giovanni Paisiello, tarantino, che scrisse l’Inno delle Due Sicilie, riscritto dalla band). Un meltin pot originale, suggestivo, accattivante. “Un anno di elaborazione e un anno per la registrazione”, spiega Francesco Calignano. “Ho ascoltato più volte Due Sicilie – conclude Russo – volevo capire, entrare nella profondità dei suoi suoni, imbevermene tutto, auscultare più che sentire le palpitazioni che hanno mosso la saggezza e il virtuosismo delle dita dei musicisti. Poi mi sono ritrovato magicamente a danzare trasportato da fluidi strani, sensuali, esaltanti, pervaso di gioia, e ho smesso di pensare e ho mandato a farsi benedire tutti i preconcetti legati ai profeti della musica contemporanea e che ci condizionano. Importante è emozionarsi: il resto non conta niente. E’ un lavoro di una semplicità assoluta, di facile lettura, dall’impatto immediato… Di grande umiltà: rivela il desiderio di andare incontro al pubblico, anche quello senza una cultura musicale”.
Ecco, infine, il flyer di “Due Sicilie”: scritto, arrangiato, suonato e prodotto da Francesco e Biagio Calignano; coprodotto da Gabriele Ciullo; in “Manassas” collabora Dan D. Emmett; altri musicisti: Salvatore Salerno (voce) e Giuseppe Marcocchi Montano (parlato). Un grazie particolare a Giuseppe Calignano. Il disco è dedicato ad Alfredo Pozzi. Il dipinto della cover è dello stesso Calignano, la grafica di Michele Scarcella (Eventv Production). Contatti: francescocalignano@yahoo.it.
LECCE – Tutta la forza, la possente energia, la sensualità, la luce che svela uomini, cose, stati d’animo, passioni, mood di un universo, il Sud, che l’unità d’Italia, 1861, formattò. Ma non per sempre.
Tanto che, per transfert, ritroviamo questo patrimonio di valori e di umori, sentimenti, emozioni, ansie, rivendicazioni identitarie d’appartenenza in “Due Sicilie”, il primo cd dei “Calignano”, gruppo storico, cult della musica italiana, quella indie, alternative, uscito in questi giorni (in foto la cover) dopo una lunga gestazione.
I “Calignano” nascono negli anni Settanta, quelli del rock più puro e destabilizzante (da Frank Zappa ai Led Zeppelin, dai Genesis ai Grand Funk Railroad): “Sono gli antesignani del rock: quando cominciarono loro in Italia c’era il deserto, solo Sanremo e Castrocaro…”, osserva il critico musicale Roberto Russo. Cambiano nome più volte: Corpo, Colon, Trachion Oros per sottolineare i passaggi di una ricerca colta, profonda, che poggia i suoi canoni estetici su una rimodulazione del reale, una visione del mondo, una rilettura delle correnti musicali, letterarie, filosofiche (fra cui anche la psicoanalisi). Oltre a Francesco (che è anche un pittore), costanti del gruppo sono i fratelli Biagio e Mario.
In questa dimensione di “profeti” del XX secolo si affermano in Europa con una serie di concerti con cui si fanno conoscere, oltre che in Italia, anche in Svizzera e Germania, mentre la “mente” del gruppo, Francesco Calignano, gira l’Inghilterra con una musicassetta con i brani più belli. Allo stesso tempo la loro ”cantina” a Montesardo diviene un punto di riferimento e una scuola per i musicisti di più generazioni che imparano la batteria, il basso, il pianoforte.
“Due Sicilie” è il primo lavoro organico: sinora si erano espressi con demo e incisioni su musicassette, oltre che nei concerti seguitissimi da un pubblico sempre più ampio, che trovava nella loro musica le risposte alle proprie inquietudini, smarrimenti, disillusioni. Sette brani che esprimono gioia e solarità, riappropriazione di una storia negata e rimossa, persino insudiciata dalle menzogne dei “vincitori” (le potenze europee). Che oggi non si può più negare, non per coltivare nostalgie senza senso, ma per proiettarsi nel XXI secolo coscienti di avere avuto una patria, il Sud-Nazione, con le sue contraddizioni ma anche la sua nobiltà. Cancellata dall’unità d’Italia, relativizzata e mal metabolizzata in questi 150 anni.
Tanto che in “Due Sicilie” (titolo che non è una provocazione intellettuale ma un ammonimento a chiedersi chi siamo se vogliamo ipotizzare chi saremo) c’è un refrain in più lingue: I m calling for information (Vorrei delle informazioni), Je voudrais des reinsegnements, Pouvez vous me donner des reinsegnements? Queria una informaciones, ? Puede darme unas informaciones. Sottinteso: Chiedete e chiedetevi com’è finito il regno delle Due Sicilie. I “Calignano” chiariscono meglio gli intenti demistificanti proponendo la voce di Carlo III di Borbone: “Io Re Carlo Terzo di Borbone alla nostra città di Lecce le espressioni di fedeltà e amore che mi avete manifestato hanno meritato nel nostro real animo tutta la stima e apprezzamento che ho voluto direttamente manifestarvi”. “E’ il primo disco che si rifà espressamente a tematiche risorgimentali – dicono i musicisti pugliesi – riferito, dopo 150 anni, all’unità d’Italia: “We are coming back to the two sicilies”. Lecce è vista come la città al centro del mondo”. Ma c’è anche un brano, “Berlin”, dove la città tedesca è vista come la “capitale” dell’Europa dove si decisero le sorti del Novecento.
Dal punto di vista della filologia del discorso musicale, “Due Sicilie” si regge anche su un uso sapiente dell’elettronica (“principale grammatica espressiva: Jean Michel Jarre è il musicista di riferimento”, aggiunge Russo) che sedimenta la contaminazione di generi: rap, funky, musica classica (incluse citazioni da Giovanni Paisiello, tarantino, che scrisse l’Inno delle Due Sicilie, riscritto dalla band). Un meltin pot originale, suggestivo, accattivante. “Un anno di elaborazione e un anno per la registrazione”, spiega Francesco Calignano. “Ho ascoltato più volte Due Sicilie – conclude Russo – volevo capire, entrare nella profondità dei suoi suoni, imbevermene tutto, auscultare più che sentire le palpitazioni che hanno mosso la saggezza e il virtuosismo delle dita dei musicisti. Poi mi sono ritrovato magicamente a danzare trasportato da fluidi strani, sensuali, esaltanti, pervaso di gioia, e ho smesso di pensare e ho mandato a farsi benedire tutti i preconcetti legati ai profeti della musica contemporanea e che ci condizionano. Importante è emozionarsi: il resto non conta niente. E’ un lavoro di una semplicità assoluta, di facile lettura, dall’impatto immediato… Di grande umiltà: rivela il desiderio di andare incontro al pubblico, anche quello senza una cultura musicale”.
Ecco, infine, il flyer di “Due Sicilie”: scritto, arrangiato, suonato e prodotto da Francesco e Biagio Calignano; coprodotto da Gabriele Ciullo; in “Manassas” collabora Dan D. Emmett; altri musicisti: Salvatore Salerno (voce) e Giuseppe Marcocchi Montano (parlato). Un grazie particolare a Giuseppe Calignano. Il disco è dedicato ad Alfredo Pozzi. Il dipinto della cover è dello stesso Calignano, la grafica di Michele Scarcella (Eventv Production). Contatti: francescocalignano@yahoo.it.