di Giuseppe Massari - La “Monna Lisa”, riconosciuta e conosciuta da tutti come Gioconda, in realtà si trattava di Lisa Gherardini, moglie del mercante Francesco del Giocondo, il celebre dipinto realizzato da Leonardo da Vinci e oggi custodito presso il museo parigino del Louvre è sempre e ancora pieno di tanti sconosciuti misteri. Mai scoperti, mai verificati e sempre in agguato, o meglio, sempre oggetto di studio da parte delle autorità accademiche di tutto il mondo. Di misteri in misteri, quel volto, sorridente o quasi, se ne porta dentro tantissimi, almeno tante quante sono le pagine finora consumate pubblicate sull’argomento dedicate all’argomento.
Dunque, quindi, è lecito porsi delle domande. Si è detto e scritto tutto sull’argomento? Forse. Si può dire qualche cosa in più? Probabilmente. Certamente. Ecco, allora, venire fuori, sul campo scientifico metodologico degli studi, delle analisi una interessantissima ricerca che verrà condotta al Centro di Datazione e Diagnostica (Cedad) del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, diretto dal professor Lucio Calcagnile.
E’ noto a tutti, a molti, che a Firenze, nel complesso di Sant’Orsola sarebbe sepolta Lisa Gherardini, ovvero colei che avrebbe posato per il celebre e celebrato quadro leonardesco del Louvre. E’ stato proprio da qui che sono partite le prime indagini. Da esse e da una prima analisi del Carbonio 14 con la tecnica AMS della spettrometria di massa con acceleratore, il professor Calcagnile, nella sua relazione ha desunto quanto segue: “È stato possibile datare finora soltanto due dei tre campioni pervenuti nei nostri laboratori. Il campione della tomba 6 non è stato possibile datarlo per la forte diagenesi e la mancanza di collagene; per gli altri due campioni, provenienti dalle tombe 7 e 8, è stato possibile datare lo smalto dei denti. Tuttavia, in entrambi i casi, le datazioni si collocano tra la fine del XIV e la prima metà del XV secolo, con un livello di confidenza del 95,4%”. Nella stessa relazione si legge, invece, che il professor Giorgio Gruppioni dell’Università di Bologna, del Dipartimento per la Conservazione dei Beni culturali (sede di Ravenna) e membro della equipe scientifica del Comitato ha dichiarato: “Purtroppo la datazione con il C14 non ha dato l’esito sperato; tuttavia non sarà lasciata intentata nessuna pista: si tenterà di estrarre il Dna dai resti dell’individuo che non è stato possibile datare, allo scopo di confrontarlo con quello dei figli di Lisa Gherardini i cui resti, a quanto risulta, sono conservati a Firenze nella chiesa della Santissima Annunziata’’.
Silvano Vinceti, responsabile della ricerca sui resti mortali della Gioconda, ha aggiunto un altro elemento: “Questi primi risultati hanno un segno negativo ma l’avevamo messo in conto. Si tratta di una ricerca difficile e complessa. Sappiamo anche che il Carbonio 14 è sì un esame fondamentale per datare il periodo storico dei resti mortali (l’accertamento della età degli stessi viene compiuto con altre tecniche) ma solo con il Dna si potrà dare una risposta definitiva se, abbiamo o non abbiamo, ritrovato le spoglie della modella utilizzata da Leonardo per il quadro più conosciuto e amato in tutto il mondo”. Quel sorriso beffardo, quello sguardo enigmatico riuscirà a sciogliere il mistero, certi misteri? Molti lo auspicano. Docenti universitari in testa, pittori, critici d’arte e studiosi dell’arte leonardesca.
Dunque, quindi, è lecito porsi delle domande. Si è detto e scritto tutto sull’argomento? Forse. Si può dire qualche cosa in più? Probabilmente. Certamente. Ecco, allora, venire fuori, sul campo scientifico metodologico degli studi, delle analisi una interessantissima ricerca che verrà condotta al Centro di Datazione e Diagnostica (Cedad) del Dipartimento di Ingegneria dell’Innovazione dell’Università del Salento, diretto dal professor Lucio Calcagnile.
E’ noto a tutti, a molti, che a Firenze, nel complesso di Sant’Orsola sarebbe sepolta Lisa Gherardini, ovvero colei che avrebbe posato per il celebre e celebrato quadro leonardesco del Louvre. E’ stato proprio da qui che sono partite le prime indagini. Da esse e da una prima analisi del Carbonio 14 con la tecnica AMS della spettrometria di massa con acceleratore, il professor Calcagnile, nella sua relazione ha desunto quanto segue: “È stato possibile datare finora soltanto due dei tre campioni pervenuti nei nostri laboratori. Il campione della tomba 6 non è stato possibile datarlo per la forte diagenesi e la mancanza di collagene; per gli altri due campioni, provenienti dalle tombe 7 e 8, è stato possibile datare lo smalto dei denti. Tuttavia, in entrambi i casi, le datazioni si collocano tra la fine del XIV e la prima metà del XV secolo, con un livello di confidenza del 95,4%”. Nella stessa relazione si legge, invece, che il professor Giorgio Gruppioni dell’Università di Bologna, del Dipartimento per la Conservazione dei Beni culturali (sede di Ravenna) e membro della equipe scientifica del Comitato ha dichiarato: “Purtroppo la datazione con il C14 non ha dato l’esito sperato; tuttavia non sarà lasciata intentata nessuna pista: si tenterà di estrarre il Dna dai resti dell’individuo che non è stato possibile datare, allo scopo di confrontarlo con quello dei figli di Lisa Gherardini i cui resti, a quanto risulta, sono conservati a Firenze nella chiesa della Santissima Annunziata’’.
Silvano Vinceti, responsabile della ricerca sui resti mortali della Gioconda, ha aggiunto un altro elemento: “Questi primi risultati hanno un segno negativo ma l’avevamo messo in conto. Si tratta di una ricerca difficile e complessa. Sappiamo anche che il Carbonio 14 è sì un esame fondamentale per datare il periodo storico dei resti mortali (l’accertamento della età degli stessi viene compiuto con altre tecniche) ma solo con il Dna si potrà dare una risposta definitiva se, abbiamo o non abbiamo, ritrovato le spoglie della modella utilizzata da Leonardo per il quadro più conosciuto e amato in tutto il mondo”. Quel sorriso beffardo, quello sguardo enigmatico riuscirà a sciogliere il mistero, certi misteri? Molti lo auspicano. Docenti universitari in testa, pittori, critici d’arte e studiosi dell’arte leonardesca.